Fundraising è la raccolta fondi delle organizzazioni non profit, ovvero di quelle organizzazioni che hanno l’obbligo di non destinare i propri utili ai soci, ma di reinvestirli per lo sviluppo delle proprie finalità sociali.
Tuttavia attualmente la raccolta fondi viene praticata anche da enti e servizi pubblici e da aziende che promuovono iniziative a scopo sociale.
Quest’attività fondamentale per le organizzazioni no profit, e sempre più spesso per fondazioni o sezioni di corporate è gestita, organizzata, e pensata dal fundraising, figura in crescita esponenziale nel panorama dei nuovi mestieri.
L’identikit del fundraiser ci dice che è una persona intorno ai 41 anni, con sette anni di lavoro alle spalle, e per la maggior parte (67%) è donna.
Il fundraiser sa gestire la relazione con il donatore, ha competenze nella gestione del database attraverso strumenti informatici, e un’ampia conoscenza di tutte le modalità per raccogliere fondi (marketing diretto, telemarketing, e-mailing, web marketing, faccia a faccia).
“Insomma quello che faccio io tutti i giorni. Ma più di ogni altra cosa credo profondamente in quello che fa” dice Giancarla Pancione “Sono giunta a Save the Children nel 2006, quando non era ancora molto conosciuta, provenendo da cause molto diverse, e per certi versi molto più complicate. Qui mi sono innamorata della mission, mi sento a casa, e non solo perché nel frattempo sono diventata mamma. Ovviamente la mission non è la sola cosa che conta, perché un professionista del fundraising deve essere in grado di raccogliere fondi per qualsiasi buona causa.”
Nel mondo anglosassone, questo metodo di finanziamento è da sempre praticato per il no profit come pure per molte corporate, da noi sta facendo oggi i primi passi e si prospetta come un settore in veloce crescita e quindi in cerca, nei prossimi anni di talenti specializzati.
“Consiglio vivamente a tutti un’esperienza all’estero, dove c’è una cultura radicata nel fundraising, e poi tornare in Italia per portare il know how dell’esperienza acquisita”.
Anna Fabbricotti: “Io mi sono licenziata dal lavorare per una grande multinazionaledi cui non condividevo i valori e i metodi, per fare un salto nel vuoto, decidendo di ricominciare a formarmi e iniziare un nuovo percorso professionale in questo ambito. Adesso sono alcuni anni che mi occupo solo di fundraising e sono molto soddisfatta. Inoltre tutto il know how dell’esperienza precedente, in particolare le relazioni e il marketing, ha trovato un nuovo senso e io non mi sento più di avere sprecato degli anni”.
A detta di tutti il talento principale di un fundraiser è quello di sapere stare in contatto con il donatore, intercettandolo, e accompagnandolo durante il tempo.
Livia Accorroni: “Un donatore è un elemento prezioso per qualsiasi fundraiser, la capacità di sapere comunicare, non solo le campagne di raccolta, ma anche l’avanzamento dei progetti e più in generale le finalità dell’associazione è il cuore del nostro lavoro. Qualcuno ha definito la nostra professione come quella del cordaio: mettiamo in relazione le persone e le buone idee, e questo non è male al giorno d’oggi. ”
Oggi in Italia sono circa 2000 le persone che si occupano quotidianamente del fundraising ma tutto fa pensare che ci sarà bisogno di molti altri.
Articolo pubblicato sul Corriere della Sera – La Nuvola del Lavoro
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