Cecilia Mangini è la prima documentarista italiana dal dopoguerra, ha ottantasette anni e ha sempre raccontato l’Italia con l’intento di vederla migliore. Mariangela Barbanente è documentarista anche lei, ha la metà dei suoi anni e nei suoi film racconta il dubbio di un’Italia che non sa più cos’è il meglio. In questi giorni sono in sala con IN VIAGGIO CON CECILIA un film che doveva essere il confronto-incontro tra le due documentariste pugliesi in viaggio verso la loro terra, e che invece si è trasformato nella narrazione del caso Ilva, che scoppiava proprio nei giorni delle riprese. “La realtà ha preso il sopravvento sull’idea narrativa e non abbiamo potuto fare altro che inseguirla.” Ma il loro confronto era stato solo rimandato.
Le incontro una mattina in un bar di Roma, davanti a ponte Milvio, il ponte dei lucchetti. Cecilia è magrissima, piccola, folta chioma bianca, di quelle donne anziane che hanno superato la soglia del tempo e che in un certo senso non invecchiano più. Mariangela invece ha da poco superato i quarant’anni, una donna adulta italiana. Una serena, pacata, certa. L’altra è inquieta, attenta e protettiva. La realtà è per le due narratrici un materiale diverso, ed è impressionante ascoltarle parlare e rendersi conto che chi si confronta non sono solo Cecilia e Mariangela, ma due Italie che in cinquant’anni non sembrano più essere l’una figlia dell’altra.
“Ho sempre pensato di dovermi assumere la responsabilità di dire agli altri quali fossero i loro diritti.” Afferma senza esitazione Cecilia, che per uno dei suoi documentari telefonò a Pasolini, cercando il numero sull’elenco, per chiedergli di scrivere i testi. La sua determinazione a fare era quella dell’Italia che si voleva riscattare dalla guerra e della fame. Mariangela sorride timida ma anche un po’ contrariata “La vostra generazione aveva certezze che noi non abbiamo più, voi dovevate ricostruire tutto. Io racconto i dubbi, perché sono l’unica certezza che abbiamo. Ecco le due strade che le due registe documentano con le loro scelte stilistiche e con le loro stesse vite. Sorride Mariangela e aggiunge “Sarei piena d’incompiuti se ogni volta non arrivasse il produttore a mettermi paletti e tempistiche. Quando osservo la realtà così da vicino come durante le riprese dei miei documentari, schierarsi è per me impossibile Quando conosci i dettagli delle vite e le loro contraddizioni, diventa ingiusto dire da che parte sta la realtà. ”
Cecilia l’ascolta attentamente, ma resta combattiva, e forse se lo può permettere forte delle storie che ha avuto ragione di raccontare. “Io sono consapevole del mio punto di vista e lo dichiaro, il mio SECONDO ME è evidente e me ne assumo la responsabilità. Non ho mai raccontato il miracolo, ho sempre cercato di raccontare la presa di responsabilità. Era la strada che volevo suggerire agli italiani per prendere in mano il nostro destino.” Mariangela l’ascolta riflessiva, calata come tutti noi nella realtà confusa e troppo spesso deludente dei nostri anni. “Racconto il dubbio perché credo sia il luogo interiore dove accadono le vere trasformazioni.” Poi per un attimo, mi sembra di vedere il peso di quel dubbio che si poggia sugli occhi di Cecilia, che poi guarda Mariangela comprendendola, “La rivoluzione nasce dalle rivoluzioni interiori di ognuno di noi, l’ha detto Moni Ovadia, e credo che sia là che vi dovete appoggiare per trovare le vostre certezze, è là che riprenderete in mano la realtà che vi hanno rubato.” Dura poco le due donne si guardano con affetto e compassione e io che le osservo, mi rendo conto che in quel momento l’una passa il testimone all’altra riconoscendole la fatica della battaglia che dovrà combattere. “Io ho fatto la mia rivoluzione, adesso tocca a te.”

Articolo pubblicato anche sul Corriere della Sera – La27esimaora