Le parole potere e piacere scritte nella stessa frase, nel nostro paese, fanno saltare molti a facili conclusioni. Condizionati dai fatti che negli ultimi anni, come da secoli, danno forma ad alcuni aspetti della nostra cultura. I richiami sessuali legati alla parola piacere, la rendono provocatoria, addirittura da utilizzare con circospezione in certi contesti. Avete mai provato a usarla con veemenza e convinzione, magari in una riunione di lavoro, a sostegno del vostro progetto? Oppure semplicemente a mettere le due parole insieme e fare una ricerca d’immagini?

L’enciclopedia Treccani ne riporta oggi questa definizione «il senso di viva soddisfazione che deriva dall’appagamento di desideri, fisici o spirituali, come pure di aspirazioni di vario genere. Nel suo significato più immediato e corrente, il termine è sinonimo di godimento…». Un vecchio dizionario etimologico invece riporta anche la definizione di piacere come «plac-are ovvero unito, piano, appianato», da cui poi è derivato accarezzato, e quindi la consuetudine che il piacere è provocato dalle carezze.

Eppure in quell’unito, piano, appianato si può anche rintracciare l’immagine di una persona equilibrata, intera, soddisfatta. La soddisfazione che deriva dall’appagamento, per esempio, di aver compiuto un’impresa, di aver portato a termine un impegno importante e difficile, a cui si tiene intimamente. Forse questo ci volevano dire i latini, prima ancora che ridurre il piacere ad esclusivo territorio del sesso.

«Il piacere ha a che vedere con il potere dell’identità» mi ha detto in un lungo incontro, Chiara Simonelli, psicologa, creatrice e direttrice dell’Istituto di sessuologia clinica di Roma.

«Quello che facciamo racconta di noi, ci rappresenta, e più ci mettiamo in gioco per realizzarlo, più siamo soddisfatti. Il piacere sta nel lavoro di creazione che a partire da un’intuizione intima, si realizza per cercare di metterla a fuoco e concretizzarla. Ci possono volere anni , decenni, anche tutta una vita per mettere a fuoco un’intuizione. Ma è tutti i passaggi necessari a realizzarla, è nella fedeltà all’idea, è nella scelta di dedicarsi a quella e solo quella passione, che sta il piacere degli esseri umani».

L’ascoltavo e pensavo alle tante donne: scrittrici, artisti, ma anche imprenditrici, scienziate, che sempre più spesso escono dai contesti, culturalmente riconosciuti alle donne e investono il loro potere creativo, nel mondo.

Creare una realtà partendo da una propria intima intuizione, quello è il territorio del piacere.

«Il piacere è rinomatamente corporeo, ma non perché esclusivo territorio del sesso, ma perché tutta la nostra percezione è corporea. Anche la soddisfazione porta al piacere corporeo. Si dice spesso che gli artisti, alcuni, vadano in trance, in estasi. È un momento in cui si perde il controllo su di sé e si entra in uno spazio cosmico, un’unione con il tutto. Come succede quando si vive il buon sesso. Il piacere deriva dall’essere riusciti a portare fuori da sé, la propria intuizione, creando un qualcosa che la renda condivisibile; un libro, un quadro, ma anche un regolamento, una formula chimica, un trattato politico, e ancora un’impresa. Il piacere ha a che vedere con la creazione di un mondo che è dentro di noi».

«La creazione di un bambino per esempio, ha queste caratteristiche, certamente eppure è la più semplice. Generare un essere umano è di più facile raggiungimento, tra le creazioni a cui può dar vita una donna, perché in quasi tutti i casi, è naturale, fisiologica e spontanea. La donna però è ancora molto vincolata a questa esperienza di creazione e di piacere. È ancora una novità la commistione tra creazione pubblica e privata. È vero però che abbiamo guadagnato l’ipotesi della libertà, non abbiamo ancora sperimentato l’esperienza della creazione pubblica, politica, economica, ecologia, imprenditoriale, almeno non ancora abbastanza. Questa è la direzione giusta»

Mentre l’ascolto sento che tra di noi scorre una reciproca riconoscenza, entrambe grate per quell’occasione che ci siamo date di condividere questi pensieri. E quando ricomincia a parlare, sento una specie di felicità.

«Il piacere del fare, scioglie il buio della solitudine, che si prova quando non ci riconosciamo il nostro valore, e non sappiamo chi siamo. Il piacere è riconoscere ciò che è nostro, così che si può tutti i giorni vivere nella fiducia e nella gratitudine. È in questa consapevolezza che si radicalizza un nuovo potere, il potere della creazione. È questo percorso nel piacere che ci porta ad incarnare un potere utile, che concepisce il riconoscimento dei talenti, delle intuizioni, della fedeltà, come nuovi valori che le donne conoscono. Le donne sono abituate a vivere insieme, il potere delle donne nutrito dal piacere, è quello di interconnettere i sistemi che esse portano dentro».

Quando ci siamo salutate io l’ho abbracciata, ero un po’ commossa, avevo fatto un viaggio nel mondo che sarà, e finalmente mi ero sentita a casa.