Ho conosciuto Chiara durante una presentazione di Appassionate, ma forse bisognerebbe dire che è stata Silvia, proprietaria della bella libreria in cui si teneva l’incontro, a farci conoscere: ci ha messo infatti nello stesso posto alla stessa ora, e poi ha lasciato fare al tempo. Come succede con certi amori, che gli passi accanto tante volte prima di renderti conto che è proprio il tuo. È stata Chiara a chiamarmi un paio di anni dopo e a farmi entrare lentamente nel suo mondo delicato ma potente di tessuti naturali, sartorie sociali e una vita che non si accontenta di essere abbastanza.
Chiara è magra, grandissimi occhi nocciola, elegante.
“Ho sempre fatto l’impiegata: non hai pensieri, fai otto ore e poi finisci, e a casa dormi tranquilla. Adesso è un continuo risolvere problemi, eppure mi pare bello. Ogni volta che ce la faccio sono soddisfatta. Sono due settimane che non dormo, ma quello che faccio adesso mi entra dentro, lo faccio per me.”
La guardo parlarmi emozionata, prendo un appunto veloce “mi esce da dentro”; sì ho la bella sensazione di parlare con una donna che ha finalmente trovato la sua strada e vuole percorrerla a grandi passi.
Chiara è una stilista sostenibile, sceglie solo tessuti naturali, collabora per la realizzazione con sartorie che fanno lavorare persone che stanno ai limiti della società: “Non sono una benefattrice, per me è ancora molto duro far quadrare i conti, eppure il senso etico di ciò che faccio mi motiva e mi dà coraggio.”
I suoi vestiti preziosi, geometrici e sinuosi allo stesso tempo, si arricchiscono dell’ambizione di creare una filiera sostenibile per la natura.
Ascoltandola scopro sbigottita che ci vogliono 2700 litri di acqua per realizzare una t-shirt (per capirci, tre anni di acqua potabile per una persona.) Faccio veloce il conto, le dieci magliettine nel cassetto fanno 30 anni di acqua. Praticamente assetata per il resto della vita. No grazie!
I tessuti utilizzati da Chiara Selmo, il suo brand, invece sono ortica, canapa, lino, prodotti a mano in Italia, e sono una reale risposta all’inquinamento, alla disoccupazione, al senso del lavoro.
“La prima volta che ho contatto l’azienda per ordinare solo pochi metri (visto che costano molto), mi sono sentita dire dall’altro capo della cornetta che lì non si scherzava, che quei tessuti avevano una storia, che per usarli e venderli ci voleva tanta forza. Mi è uscito spontaneo di dirgli di fidarsi di me, che ce l’avrei fatta.”
Chiara ha lavorato fin da giovanissima in grandi aziende della moda, marchi conosciuti da tutti mentre studiava si laureava e studiava ancora. “Ho iniziato dopo le superiori a lavorare, da noi in Veneto è così, l’indipendenza economica per me è fondamentale. Però mi ricordo pure che in azienda mi dicevano che non dovevo pensare, ma solo lavorare. Succedeva che non ci dessero il permesso di andare al bagno. In una specie di gioco di ruoli in cui tutto era accettato e un po’ normale. Non sembrava assurdo a nessuno.” Poi le vicende della vita l’hanno forzata a superare i limiti. E le ci sono voluti anni per creare una nuova armonia che tenesse conto di tutto quello che aveva visto e appreso e scelto per sé.
“Le clienti comprano i miei abiti ma anche il mio modo di pensare e le scelte che ci sono dietro. Mi sento accolta con tutta la mia storia, e mi emoziono, tanto che di slancio vorrei regalare i miei abiti a chi apprezza la cura e l’anima che c’è in ogni creazione. Ma non lo faccio, lo so, devo far quadrare i conti.” Ride commossa.
Facciamo l’intervista su skype, e davanti a me ho due donne, una strategica, sicura di sé, appassionata “So cosa fare, è tutto chiaro per me, voglio creare una filiera sostenibile” e l’altra timorosa, ferita, commossa. “Non so, speriamo che vada bene.”
Si riferisce nello specifico all’evento che si terrà il prossimo week end a Roma, dal 10 al 13 ottobre al Festival del Benessere in cui presenterà la nuova collezione. (Ci sarò anche io, con una bella sorpresa!)
“Mi sono trasferita a Roma per amore e ne sono contenta, ma non avevo amici. Si può dire che per anni sono stata sola, con me stessa. Ho preso una seconda laurea, in Storia dell’arte, ho iniziato ad insegnare a donne sole l’arte e il cucito. Perché insegnare a chi non ha niente fa bene. Poi spinta anche dal mio compagno sono entrata nella libreria di Silvia e tutto è successo. E in poco tempo tutto ha trovato un senso, le mie esperienze lavorative, le mie passioni, i miei valori, il mio modo di relazionarmi alle persone. Tutto finalmente.” È contenta Chiara e io pure che faccio lo splendido mestiere di raccontare la sua storia.
“Muovendo le cose si aprono, non dobbiamo stare ferme, mai. Perché quando ti apri poi accadono cose molto belle.”
Le donne #appassionate, ispirano, motivano, e accendo altre donne, succede sempre più spesso, nel mondo l’esempio si diffonde e il coraggio monta. Non sono le gigantesse a dare forma al mondo, loro il mondo lo scuotono, ma per dare forma entrare nei dettagli delle vite e nei modi di lavorare, vivere, creare, sono le appassionate accanto a noi le più preziose fonti d’ispirazione, quelle che ci sussurrano all’orecchio, “Anche tu lo puoi fare, perché io lo sto già facendo”.
Realizzare questi articoli mi costa impegno e tante ore di lavoro, se vuoi sostenere Appassionate, puoi trovare l’ebook da regalare a te o ad un tuo amico. Oppure contattami per proporre uno speech o un workshop. Se vuoi essere informato sulle nuove interviste puoi iscriverti alla newsletter, oppure leggere i miei post quotidiani sulla pagina facebook.
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3 commenti
Grazie per queste esperienze , rafforzano le idee di altre donne ,tra cui io.
Grazie del messaggio Gledis!
Se hai voglia di fare un lavoro per costruire intorno alla tua idee prova a dare un'occhiata al prossimo Atelier "Quello che ti piace fare è ciò che sai fare meglio" potrebbe esserti utile. Trovi tutte le info qua: https://appassionate.eu/events/atelier-quello-che-ti-piace-fare-e-cio-che-sai-fare-meglio-2/
A presto!
Grazie Gledis, lo faccio per questo. Anche il tuo messaggio mi rafforza!
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