Trent’anni, responsabile di un progetto editoriale, affermata coordinatrice di diverse persone. Piccola, delicata come una porcellana ma seria e spesso temuta, questa è per molti Federica per altri invece cambia vita.
Proprio come molte figure della letteratura fantastica, Federica la notte si trasforma, indossa bustini con le stecche, gonne di taffetà, giarrettiere e calze con la riga. Esce dalle torte di compleanno e tra le luci soffuse di palchetti vellutati, gioca con gli spettatori come una diva degli anni ’30. Federica è una starlette del burlesque.
“Sono timida, ho iniziato a frequentare un corso di burlesque per riprendermi da un evento doloroso, non pensavo sarei mai salita su quel palco. Non pensavo l’avrei mai fatto.”
Dopo tre anni oggi è forse tra la migliori.
“Il personaggio che ho creato, Sally Van Tassel è la fata verde dell’assenzio. L’assenzio è il veleno di Baudelaire, certo, quello che fa perdere i sensi in un attimo, ma Sally è anche la dolcissima bambola di pezza di Tim Burton, la strega dal cuore amorevole e gentile. Ecco quando sono sul palco nuda, Sally tira fuori la parte più bella di me. Nessuno si aspetta niente e con indosso i suoi abiti posso incontrare le persone in una maniera che non mi concedo quando vesto quelli della direttrice responsabile.”

Per Federica questo è il suo secondo vero lavoro.

“Le donne del burlesque sono imprenditrici di loro stesse fin dagli anni ’30. Non avevano padroni e controllavano tutto, dal personaggio che inventavano per salire in scena, allo stile del vestito che disegnavano da sole e poi facevano cucire o cucivano con le loro mani (come faccio io).”

E’ proprio come le dive degli anni ’30 anche Federica gestisce il suo lavoro come un’impresa; per cominciare c’è bisogno di un investimento iniziale e poi d’investimenti costanti, per esempio per i nuovi vestiti.

“L’impegno è su tutti i fronti, quando disegno un vestito nuovo studio molto sui libri di teatro, nei vecchi film hollywoodiani, e poi arrivo da sola ad un modello originale. Ma un corpetto per esempio è impossibile da fare a mano, quindi scelgo il meglio, una sartoria teatrale e poi per compensare i costi, le decorazioni le faccio io. (Sorride soddisfatta!) Passo notti intere ad infilare perle e swarovsky.”

Ma non finisce qua il lavoro di una starlette. C’è da creare le coreografie, da prendere i contatti con i teatri o quant’altro, trattare per i cachet nei minimi dettagli, e poi fare la promozione.
“Ho imparato a conoscere il mio valore e sto diventando sempre più brava a sostenerlo. Prima non mi piacevo, il burlesque mi ha insegnato ad amare il mio corpo, e questa è cosa mi fa vivere molto meglio.”
Nel mondo burlesque non esiste un prototipo di corpo, e questo lo rende possibile a tutte. Non c’è sfruttamento del corpo è l’anima che parla.
“E’ come lo s’interpreta quel corpo che fa emozionare e divertire. La top del mondo è Dirty Martini, una donna estremamente in carne, cosa che non le impedisce di spogliarsi completamente nuda e mettere in scena critiche esilaranti della realtà americana. Per questo il burlesque diverte ed eccita allo stesso tempo, è liberazione da tutte le maschere e l’esposizione della propria personalità.”
La storia vuole che durante il proibizionismo, la prima famosissima starlette, Gypsy Rose Lee per aggirare la legge che vietava di mostrare capezzoli e genitali in qualsiasi spettacolo, inventò le nappets rendendo così possibile tornare ad esibirsi.

“Gypsy Rose Lee è il mio idolo, l’imprenditrice in grado di trasformare gli ostacoli in ricchezza.”

Pubblicato anche su Il corriere delle sera / La 27esima ora