Le ho chiamate le Appassionate, perché a ben guardare l’elemento che hanno tutte in comune è proprio la passione, è con la passione che realizzano tutti i giorni il loro lavoro. Eppure non sono cantanti, ballerine, scrittrici o romantiche amanti, come sembrerebbe facile immaginare, no, le Appassionate sono tutte imprenditrici, che anno trasformato la loro passione in un’impresa.

Quasi un anno fa, dopo aver chiuso con successo un crowdfunding per finanziare i miei viaggi, sono partita e andata in giro per l’Italia e incontraredieci imprenditrici che avevano trasformato la loro passione nel loro lavoro. Ho cominciato con Maria che era un’architetta di successo, e a quarantacinque anni ha lasciato tutto per creare un’impresa che produce prodotti da forno per celiaci. Quando ha cominciato, dieci anni fa, nessuno poteva farlo perché il cibo per celiaci era una questione per le case farmaceutiche, e Maria ha dovuto convincere addirittura il Ministero della salute per riuscire ad avere le sue autorizzazioni.

foto io che canto

Quando le ho chiesto perché, chi glielo aveva fatto fare, mi ha raccontato di lei che da bambina, amava seguire una sua amichetta, figlia del fornaio al laboratorio del padre: «Amavo guardare il pane crescere nel forno, mi è sempre sembrata una magia». Poi ho incontrato Cristina, che in un paesino del Veneto, gestisce una fattoria didattica: «Qui si produceva solo tabacco, e noi ne avevamo tanto, ma che senso aveva continuare a lavorare per far crescere qualcosa che già in tanti producevano. Ho sempre pensato che bisognasse recuperare il valore etico del lavoro, così ho trasformato la piantagione di tabacco in un bosco e oggi abbiamo una fattoria in cui accogliamo più di 150 mila bambini l’anno e gli raccontiamo un altro modo di vivere».

Ho incontrato Maria Grazia che insieme al marito Andrea, hanno venduto la loro casa milanese, hanno investito tutto nella loro società di design partecipato, con sede in un borgo ai piedi delle Alpi. «Ho sempre creduto che il futuro del lavoro non sia produrre di più ma meglio. Riconoscere i talenti è il primo passo. Noi mettiamo in contatto bravi e sconosciuti designer con i talenti industriali del luogo, creiamo elementi di design originali, votati dalla community (più di 80 mila utenti in due anni) che vendiamo on line in tutto il mondo. I nostri prodotti finiscono nelle migliori fiere e riviste e noi viviamo in mezzo alla natura».

Ho incontrato Arianna, che si è licenziata perché non le riconoscevano il valore del suo lavoro, e ora ha una società che fa consulenza alle aziende, insegna come dando valore a chi lavora con loro, la società funziona meglio. Poi ho incontrato Marina, la regina del Montepulciano d’Abruzzo, che mi ha detto: «Ai sogni dobbiamo imparare a mettere le gambe, e se anche così non va, allora dobbiamo sognarli con più forza». Ho incontrato Iole, che mi ha detto. «Non ho mai voluto essere famosa, a me non serve, ma avere successo sì, l’ho sempre voluto. Voglio sapere che posso far succedere le cose che penso».

Ognuna di loro, eccellenza nel suo campo, ha investito tutto sulla passione per quello in cui hanno da sempre creduto. Ognuna alla sua maniera mi ha insegnato che «Quello che ci piace fare è la cosa che sappiamo fare meglio».

Le loro storie sono diventate il mio primo libro, Appassionate, perché scrivere è quello che più mi piace fare.

 

 

 

 

Articolo pubblicato sul Corriere della Sera – La 27esima ora