“Bisogna avere i propri punti fermi, che proprio perché tali ti permettono di essere molto flessibile.”

Eccola qua, Giovanna Velardi ballerina, che con il suo talento e con il suo cuore non solo insegna danza all’Accademia di Danza Contemporanea ma con la sua compagnia crea coreografie che hanno l’uomo al centro e le sue battaglie interiori.

“Meglio vivere una passione forte che cadere vittima delle dipendenze, le droghe per esempio, prese da sempre per attutire la consapevolezza cercando di reprimere l’aggressività. Viviamo una realtà in cui le sensazioni del corpo non sono più conosciute. Lo spirito è totalmente separato dal corpo, che invece è il nostro tramite per la vita, e così ci sentiamo soli, sperduti, impauriti. Solo il corpo ci riporta alla realtà, alle possibilità come ai limiti, ma ci permette di conoscerci e così conoscere l’altro.”

Giovanna è piccola come me ma è un fascio di muscoli scolpiti con grazia dalla danza. L’ho conosciuta anni fa, quando lavoravo ancora in TV ed entrambe ci siamo ritrovate nelle fila di una importante battaglia per i diritti degli artisti in cui, come spesso accade, combattono in tanti mentre i vincitori finisce che sono pochi.

“Io normalmente non mi fido alla politica, ma non possiamo tirarci indietro dall’urgenza d’intervenire. La società in cui viviamo è responsabilità di tutti.”

L’ascolto come sempre affascinata per il coraggio che ha di buttarsi nelle cose anima e corpo, e mi ricordo quando ci siamo conosciute; era appena rientrata dalla Francia, Marsiglia dove aveva studiato e lavorato per anni. Eravamo ad una riunione affollata, organizzata in una storica libreria romana, che oggi non c’è più perché i proprietari del locale volevano un affitto più alto e pensarono di sfrattare la libreria per affittare ad un ristoratore. Con questo non firmarono mai, e da quasi dieci anni quel posto meravigliosa è chiuso.

Quella prima volta, in mezzo ai tanti artisti amici, conoscenti o meno, i nostri occhi si incontrarono e si diedero appuntamento alla fine della riunione. Quando finalmente ci parlammo sentii che ci eravamo riconosciute. Mi è rimasta impressa di quella volta, non solo la sua volontà di portare anche in Italia il livello di riconoscimento professionale della danza a cui era abituata in Francia, “Lì le ore di prove sono pagate perché sono lavoro, deve essere così anche in Italia.” , ma una battuta un po’ triste ma che fa capire tutto “Perché tra alcuni anni le mie ginocchia io non le potrò più usare, perché avranno lavorato tantissimo, devo difenderli prima i miei diritti.”

Ogni volta che in questi anni ho pensato a Giovanna l’ho ricordata con questa frase, e l’ho ammirata.

Oggi ci siamo incontrate ad Eataly, un centro commerciale vicino a casa sua, e mi ha raccontato del sua lavoro con la compagnia e della fatica che non smette di fare da anni.

“Chi pensa ai ballerini crede siano dei viziati, ma noi lavoriamo tanto, e quello che facciamo è importante per tutti e non solo sul palco. Il lavoro sul corpo nello spazio ci aiuta a riconoscere l’altro. Quando cammini per strada con la consapevolezza di come cammini, senza invadere lo spazio altrui, sarai pronto a farlo anche nelle relazioni. Non urlerai, non giudicherai, non sarai distratto. L’arte che è tanto bistrattata in questo paese dovrebbe essere la prima delle voci di spesa di un paese che rispetta i suoi cittadini e li considera il vero potenziale. L’arte è lontana dalla voracità e dall’aggressività con cui impostiamo le nostre giornate.”

Decidiamo di uscire dal centro commerciale, fuori c’è il sole, non ci sono panchine nei paraggi e ci sediamo ai piedi di una enorme gallina di plastica piazzata in mezzo al parcheggio.

“Nel mondo globale nel quale abitiamo tutti stiamo male. E tutti cerchiamo modi per stare bene. Ma in fondo stiamo male perché non ci sentiamo parte del sistema, inconsapevolmente tutti vogliamo vivere in una cultura umana. In questo paese l’artista viene considerato un privilegiato, uno che in fondo fa il lavoro che gli piace. Ma quanto restituiscono gli artisti alla società? Si parla di problem solving, ma è la creatività che produce soluzioni non la rabbia o la competizione. La creatività è la capacità del cervello di affiancarsi ad un altro modo di ragionare con la vitalità di un bimbo.”

Continuiamo a parlare sormontate dal becco gigante della gallina, e la gente deve avere capito che parliamo di cose belle, perché chi passa ci saluta. Parliamo di noi, le racconto di me e del lavoro con Appassionate, parliamo di tante cose.

“Ma sì hai ragione tu” mi dice “le parole chiave sono due: IDENTITÀ e APPARTENENZA, la prima è il rispetto nostro per l’anima, la seconda è la consapevolezza di avere un posto. Ne abbiamo bisogno tutti, non c’è più chi sta bene e chi no. Non è più questione di classi, ormai è questione di essere umani”

Ci salutiamo con la promessa di vederci presto a Palermo, magari al teatro Massimo dove recentemente Giovanna ha portato la sua coreografia e la sua interpretazione. Bisogna essere coraggiose, ci diciamo abbracciandoci forte, e forse in un certo senso, stiamo facendo una promessa.

 

Qui le sue parole, rubate alla home page del suo sito:

E poi ho scoperto qualcosa, qualcosa che mi ha dato vita, mi ha fatto brillare come un vetro. Ho scoperto l’amore! Verso me, verso te, verso tutti!

Guarda posso passarci la mano attraverso, vedere cosa c’è dentro!

Ci sono io. Sono fragile come tutti noi, mi rompo in mille pezzi, ma qualcosa mi ha dato vita, posso sentire, volare, sorridere, scherzare, tutto questo perché sono luce, perché piango anche, luce perché sono. Dai prova, vieni, non aver paura, dai vieni!

Ho scoperto l’amore verso me, verso te, verso tutti!

Giovanna Velardi