Alcuni anni fa uno shampoo conosciuto da tante aveva come slogan la famosa frase “Perché IO VALGO”. Lo aveva scritto una giovanissima pubblicitaria, Ilon Specht. Era il 1971 l’autrice aveva 23 anni e viveva a New York e d’allora non è mai passato di moda. Le donne cominciavano ad accorgersi del loro valore, dopo essersi accorte della loro esistenza.

Infatti negli anni precedenti, durante la seconda guerra mondiale, molte donne americane erano state arruolate per lavorare nelle fabbriche lasciate libere dagli uomini partiti in guerra, e altrettante donne avevano iniziato ad iscriversi nelle università. Le americane cominciarono a scoprire il piacere dell’indipendenza economica, e allo stesso tempo quello di studiare, cominciavano a determinare il loro destino. IO SONO

Poi però al ritorno della guerra un’impattante movimento di comunicazione ha fatto retrocedere tante dall’idea di una laurea, per la paura che una donna intelligente non avrebbe trovato marito.

La storia del mondo è costellata da eventi come questi, le donne non serve ammazzarle per farle desistere, basta raccontarle che non saranno felici.

Sta succedendo anche questi giorni da noi.

Il Fertility Day che quest’anno ha fatto arrabbiare e ridere in molti non è che un esmpio eclatante. Tutti concentrati sugli errori/orrori di comunicazione realizzati, mentre nessuno ha contestato il fatto che le donne posso scegliere di essere felici in maniera diversa, che non quella sacrosanta di fare figli. Niente di diverso insomma della valanga di pubblicità che dal dopoguerra agli anni 70, convinse le americane ad abbandonare le università per scegliere di vivere in sgargianti cucine, complete di tutti gli elettrodomestici, tutte vestite di pizzi e crinoline, aspettando il marito in casa con un bambino in braccio.

E’ successo spesso che altri prendessero in mano i sogni delle donne, raccontando loro come sarebbero state felici. E’ successo, e succede ancora, eppure non sono mai mancate quelle che con coraggio e timore hanno deciso di esplorare il mondo da un’altra prospettiva, di trovare la loro felicità passando per un’altra strada.

Che coraggio! Come le ammiro.

Per quanto mi riguarda il punto infatti non è dedicarsi a fare l’aviatore come Amelia Earth, o la scienziata come Fabiola Gianotti, o l’etologa che dedica tutta la sua vita allo studio degli scimpanzé come Jane Goodall. La cosa che sento veramente difficile è proprio scegliere di allontanarmi dal quel progetto di felicità da sempre raccontano per andare a cercare la mia felicità.

Il rischio di andare senza nessuna certezza di trovare, di saper costruire, o di riuscire a riconoscere quel progetto che ci renderà felici. E’ questa la fase che tante donne nel mondo stanno attraversando. Lo raccontano pure le statistiche la media delle donne che in Italia iniziano una loro attività, che creano un mestiere partendo da loro stesse, ha un’età che va dai 35 ai 50 anni. Prima probabilmente tutte hanno provato ad inseguire la felicita raccontata, per poi  finalmente decidere di dedicarsi a cercare la propria, a dire a se stesse e al mondo IO VOGLIO.