Quando ero piccola il giorno in cui mia nonna riscuoteva la pensione di reversibilità di mio nonno, era un giorno di festa. Se capitava che fossi con lei, dopo essere andate alla posta si faceva una grande spesa e magari si passava dalla merceria sotto casa, da Elvira, dove poteva succedere che mi comprasse un cappellino o un maglioncino. Era la fine degli anni ‘70 ed era romantico pensare che nonno le stesse accanto anche se non c’era più, e che con i suoi regalini stesse accanto anche a me. Avevo capito che quei soldi non bastavano a fare niente, ma quelli non erano problemi di una bambina; la reversibilità mi affascinava, l’idea che lo stipendio di lui passasse a lei, lo trovavo meraviglioso, un’onda d’amore che si propagava in eterno.
Con il recente disegno di legge del ministro Poletti, in cui propone di ridurre la reversibilità a seconda di nuovi criteri legati al reddito Isee, mi è ritornato tutto alla mente, e niente mi è sembrato più romantico.
Il disegno di legge propone infatti, di modificare l’entità della pensione di reversibilità. La modifica che propone Poletti, è che la pensione che spetta al coniuge superstite non sia più diretta ma proporzionata al reddito. Ora al di là del fatto che le proprietà, probabilmente esistevano pure prima, e che quindi non si spiega perché debbano essere prese in considerazione una volta deceduto il coniuge, e pure al di là del fatto che, essendo la pensione contributiva e non retributiva, non ci sono proporzioni da calcolare, ma semplicemente contributi anticipati che devono essere restituiti, al di là di questi due fatti, ripensando alla pensione di mia nonna, mi è saltata al naso la curiosità di verificare i numeri dietro questa questione. Ed ecco che il romanticismo della mia visione da bambina scompare definitivamente.
Nel nostro paese sono mensilmente emesse 3 milioni e 50 mila pensioni, di queste il 79%, cioè 2.410.000 sono pensioni che vanno a donne come mia nonna. E il punto non è quello semplicistico che le donne vivono più a lungo, ma piuttosto quello che le donne italiane, pure dopo la morte del coniuge, sono da esso economicamente dipendenti.
Nell’ultimo numero di Internazionale, la copertina titolava “Il potere delle donne single” riferendosi alle prossime elezioni americane. Nel 2009 il 51% delle donne americane era single. Una di quelle evoluzioni antropologiche culturali che accadono ovunque, ma che negli Stati Uniti vengono intercettate immediatamente, studiate e interpellate, tanto che l’avversario di Hilary Clinton sta prendendo punti proprio su questo mentre lei, seppur donna, non riesce a farsi portatrice dei valori che queste sollecitano, perché, diceva il bell’articolo di Rebecca Traister, Hillary viene associata alla donna che a stare accanto al marito ha sprecato tempo e possibilità.
Che c’entra questo con le nostre pensioni?
Credo che c’entri molto il fatto, che le single americane si stanno arrischiando a credere in loro stesse, a credere che non hanno bisogno dello status di moglie per esistere, ma che possono rivendicare welfare per loro stesse, e perché le loro vite, i loro guadagni e i loro figli siano garantiti e protetti. Le donne americane non stanno rinunciando a relazioni sentimentali, romantici amori, o addirittura maternità, no, ma stanno scegliendo di non sostenere più il modello del matrimonio che in tutto e per tutto le limiterebbe nelle scelte, nei guadagni, nelle soddisfazioni personali e professionali.
Al di là che ritagliare, ridurre e modificare l’entità di una pensione contributiva mi allerta, perché quei contributi sono stati versati quindi vanno restituiti. L’auspicio per i prossimi disegni di legge relativi alla pensione è che alle donne che investono la loro vita per curare una casa con 5 persone, educare bambini, curare giovani e vecchi, sia garantito il diritto ad una pensione personale e non solo quella del marito. Ma non solo, l’auspicio è anche quello che solo le donne che lo vogliono sul serio scelgano di dedicarsi alla cura e all’accudimento, mentre le altre Appassionate scelgano con coraggio e passione di investire sulle loro carriere, sui loro progetti, e sulle grandi trasformazioni di cui questo paese, e le casse dello Stato, hanno chiaramente bisogno.
Articolo pubblicato sul Corriere della Sera – La 27esima ora
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