Nella mia prima adolescenza, verso i dodici anni fuggivo spesso di casa per andare dalla mia vicina, la Signora Patrizi. Non ricordo il suo nome, ma non mi è mai servito saperlo, il cognome nobile mi sembrava perfetto per indicare la dolce, elegante, anziana signora che viveva alla porta accanto. Passavo da lei spesso il primo pomeriggio, prima di uscire con le mie amiche. Io e lei sedute sul divano di velluto del salottino di rappresentanza che si trovava, subito dopo la porta d’entrata.

C’era su un mobile una foto del suo matrimonio con il signor Patrizi, militare della marina. I due abbracciati e sorridenti, erano ritratti all’uscita della chiesa mentre percorrevano il tunnel di spade che i colleghi di lui avevano realizzato in loro onore. Erano probabilmente gli anni trenta e lei era vestita come un’attrice di Hollywood con un vestitino di tulle largo largo, con la gonna al ginocchio. La sua eleganza e la nobiltà supposta dal cognome, insieme alla sua gentilezza, me la fecero eleggere a confidente privilegiata dei miei primi solitari battimenti di cuore.

A casa mia non c’era una vera disponibilità d’ascolto, e nemmeno un clima delicato e gentile per permettere ad una giovane donna di dare voce alle confusioni sentimentali che per età e conseguente stato ormonale mi abitavano. Con la signora Patrizi, sì. Prendevamo un tè freddo, sfogliavamo riviste femminili, e di tanto in tanto chiacchieravamo. Ricordo la volta in cui guardando fuori dalla finestra, mi vergognavo e volevo un po’ nascondermi, le dissi che c’era un ragazzino che forse mi piace, ma che non lo sapevo bene e non sapevo cosa fare. Lei senza scomporsi affatto, ma senza nemmeno sorridere nella maniera in cui gli adulti guardano i bambini, mi fece parlare un po’ e poi mi disse:

“Ma se ti piace un po’ allora intanto puoi uscire con lui e vedere se ti piace un po’ di più”

Fu un consiglio semplice, ma detto da lei e con la sua serietà e la sua età, mi è arrivato chiaro e risolutorio. Il pomeriggio quando l’ho incontrato, avevo accanto la forza della mia vicina; così ho fatto in modo di camminare sola con lui, ed ero sicura di stare a fare la cosa giusta.

Nei decenni  a seguire ne sono arrivate altre di donne che mi hanno aiutato e accompagnata per un periodo. A Parigi, a ventitré anni è stata la volta di Misa.

Quell’anno ho dovuto affrontare un lutto grave e importante e negli stessi giorni la fine di una bella relazione d’amore, il tutto mentre cercavo di dare gli esami e tenermi un lavoro; così ho dato di testa. Lei in quel periodo mi chiamava a casa sua per fare la babysitter ai figli e poi non usciva, pagandomi ugualmente, ricordo un giorno in ascensore mi disse:

“Stai imparando la separazione, non è sempre un lutto ma all’inizio ci somiglia sempre. Non ti far vincere dalla paura.”

Poi a trent’anni è stata la volta di Donatella, che mi ha ospitato a casa sua per un anno intero perché ero rimasta senza casa, insegnandomi tutto del femminismo.

Mi mise sul comodino una copia di Donne che corrono con i lupi “Una donna non può non leggere questo libro”, mi disse.

Ci ho messo qualche anno per aprirlo ma poi mi è cambiata la vita. Poi è arrivata Angela che mi ha insegnato finalmente a camminare da sola nella vita e nell’anima. Più recente invece Fabiana che mi ha aiutato a riflettere sul mio lavoro, insegnandomi a darmi degli obbietti raggiungibili. 

Questa lunga premessa è utile per una riflessione che sto facendo da tempo, raccogliendo qua e là battute e frasi di amici o conoscenti che si fanno domande sulla presenza crescente della figura della coach “Mi pare ci siano più coach che donne a cui insegnare” mi ha detto per ultima, ieri un’amica scienziata.

“Mi piacerebbe vedere più donne che fanno e non solo che insegnino a fare.”

Tutte donne che sono entrate nella mia vita con il chiaro intento di aiutarmi a risolvere una cosa precisa, poi se ne sono andate via, senza in alcun modo lasciare la sensazione del lutto, proprio come diceva Misa. Io però le avevo cercate, le avevo volute incontrare, ho aspettato di riconoscerle.

Le donne aiutano le donne quando ci sono passate, nello stesso problema, nello stesso dubbio, nella stessa paura.

Le donne aiutano le donne, quando facendolo continuano ad aiutare se stesse, senza con questo cannibalizzare la vita dell’altra e senza mettersi al posto dell’altra. Quando hanno risolto per sé la cosa che insegnano le donne diventano maestre, sagge, aiutanti, streghe, oggi, coach. Ma devono averla risolta, devono averla sentita sulla propria pelle la soluzione, la via d’uscita.

Le donne insegnano alle donne partendo dalla loro esperienza. Che siano streghe, sagge, sciamane o coach le donne insegnano alle donne solo quando hanno vissuto sulla loro carne la soluzione che stanno proponendo a noi altre. Le donne passano le loro conoscenze ad altre donne perché queste crescano e magari diventino sagge, oppure perché si sostengano e diventino scienziate, scrittrici, ingegnere o politiche.

Abbiamo bisogno di donne che prendano le redini della realtà e che smettano di studiare su come fare, d’accordo, ma avremo sempre bisogno di donne che supportino queste nuove donne con le loro esperienze di carne e anima.

Realizzare questi articoli mi costa impegno e tante ore di lavoro, se vuoi sostenere Appassionate, puoi trovare l’ebook da regalare a te o ad un tuo amico. Oppure contattami per proporre uno speech o un workshop. Se vuoi essere informato sulle nuove interviste puoi iscriverti alla newsletteroppure leggere i miei post quotidiani sulla pagina facebook.

Diffondi la Passione con me.