Sogno è una parola che non mi piace, l’associo alle favole, ai film di serie B, alle chiacchiere da aperitivo. “Ho un sogno da tempo, chissà se si realizzerà mai”. Credo che sia il mio super io che mi impedisce di dire cose per le quali so già che non farò niente, una specie di contatore delle parole a vuoto, che da quale tempo ho deciso di restringere a numeri molto contenuti. Il sogno lo associo a qualcosa che può succedere o meno, ma per il quale io non farò nulla.

Ultimamente mi capita spesso di dover dire cosa faccio. Sicuramente non sono una coach, né una consulente. Io sono una scrittrice, e da un certo punto di vista non c’è niente di nuovo in quello che mi sono messa in testa di fare. Ma io ho chiaro in mente in cosa consiste: con le mie parole io voglio essere un’attivatrice di storie, delle storie vissute e di quelle che avete dentro e che ancora non avete avuto il coraggio di vivere.

Non sono una psicologa, sono un enzima che energizza i pezzi, le intuizioni, le decisioni che tenete nascoste dentro, le attiva in modo che si illuminino e voi le vediate sotto una luce nuova. Un enzima che combina momentaneamente i pezzi tanto da mostrarvi la vita che sarebbe e poi lasciare a voi il compito di realizzarla. Ecco perché racconto storie.

La mente delle donne è caratterizzata da due elementi che rendono più facile questa attivazione: la complessità e la spontaneità.

Queste due caratteristiche che storicamente fanno definire le donne come multitasking da una parte, e uterine, ipersensibili dall’altra, si rivelano i fattori determinanti per accelerare la creazione di nuove idee, spesso nuovi lavori.

L’abitudine alla complessità per esempio, fa sì che spesso le donne abbiano già un’idea che gli gira in testa di cui non si sono mai accorte. Oppure che intorno ad una loro passione riescano a far nascere una qualche attività magari volontaristica o casalinga, pur facendo tante altre cose. In entrambi i casi però, nessuna definirà quella cosa un nuovo lavoro. Quello che succede quando parlano con me, è che per un attimo vedono gli sviluppi della loro idea, o riconoscono quella passione che gli cammina accanto da sempre e per un attimo riescono ad immaginarla come un lavoro.  Quello che mi emoziona ogni volta che presento Appassionate è la possibilità di far intravedere a chi mi ascolta il suo punto di vista.

Fuori dai ruoli in cui ci vorremmo tutte rinchiudere per essere sicure, ognuna di noi è portatrice di un punto di vista unico, dal quale vedere il proprio posto nel mondo e il proprio modo di partecipare alla vita.

Ecco quando ci sintonizziamo con quel punto di vista, è il momento esatto in cui la passione prende forma, e dentro la pancia sentiamo il piacere di essere noi stesse. Dura un attimo ma se riusciamo ad avere fiducia in quella visione e a fare il primo passo, possiamo rinnovarla, continuare a vederla e passo dopo passo provare a concretizzarla.

Per questo non mi piacciono i sogni, perché non prevedono che ci sia nulla da fare affinché si realizzino, invece voglio continuare a credere che quando intuizione e azione si allineano allora un pezzo alla volta riusciremo costruire le nostre passioni e con quelle un mondo ogni giorno più sensato.

 

Appassionate è il mio lavoro, ma è anche un libro e un ebook che racconta il mio viaggio alla scoperta di storie che avessere il potere di attivarmi, puoi trovarlo qui.