“Per tutta la vita ho provato a non fare la chef fino a scoprire che il mio destino era proprio quello. Così quando l’ho accettato, ho deciso che lo avrei fatto a modo mio!”

Non sempre per trovare la propria passione bisogna andare lontano, a volte ci stiamo con i piedi dentro fin dalla nascita, eppure ci tocca lo stesso fare un lungo viaggio per capire. La passione, lo impariamo giorno per giorno, non è una stravagante idea venuta chissà da dove, è piuttosto l’accettazione di chi siamo e di cosa siamo venuti a fare al mondo. Così è andata la storia che sto per raccontarvi, che è vera ovviamente, ma che ha scene che sembrano rubate ad un film.

Micaela figlia di una stirpe di ristoratori avrebbe potuto fin da ragazza iniziare a lavorare in uno dei ristoranti di famiglia, invece per anni si è dedicata ad altro.

“Dopo il diploma ho iniziato a lavorare come assistente di presidenti di associazioni legate al lusso. Il lavoro al ristorante è alienante, bisogna stare là dentro dalla mattina alla sera ed io avevo deciso che non lo avrei fatto. Mia madre, che pure non lavorava al ristorante, aveva orari molto intensi. Ricordo che da bambina mi alzavo presto la mattina, prima dell’orario utile per andare a scuola, solo per vederla, per guardarla girare per casa, prendere il caffè in vestaglia o vederla truccare. Fin da piccola mi ero ripromessa che avrei fatto una vita più umana.”

Micaela o MikyChef come si fa chiamare, è mora, occhi chiari e ha il corpo scattante di chi va spesso in palestra, ma le braccia e le mani forti di chi sa mantecare dieci chili di riso per preparare un pranzo offerto ad un refettorio. Mi accoglie nel ristorante in cui in questi mesi sta facendo da consulente. Il mare tutto intorno ci avvolge con la sua energia e la sala tutta finestre, ci protegge dall’ultimo vento invernale.

 “Sembrerò contraddittoria, ma ho sempre legato al cibo l’amore. Mio padre da bambina mi riempiva di cibo, pane buono, prodotti buoni, nuove ricette, ogni novità era una scusa per farmi una coccola, e così io ingrassavo. Ho vissuto tutta la mia infanzia da bambina obesa. Insomma in un modo o nell’altro il cibo per me era troppo, tanto, opprimente. Poi però…”

Nel 2005 Micaela si è licenziata da un lavoro da suo lavoro di assistente. “E’ stato duro perché ero abituata alla bella vita. Per due anni ho tagliato tutto quello che non andava più bene per me, non solo l’estetista o il parrucchiere, ma anche gli amici e il matrimonio. Solo dopo ho potuto riconoscere la mia passione.”

Intorno a noi il ristorante comincia ad attivarsi, percepisco la tensione dei camerieri che la guardano da lontano con rispetto e pronti ad un suo cenno.

“Oggi io sono una consulente. Prendo in mano dei ristorante, vecchi o nuovi, e per tre mesi ci lavoro su tutti i fronti, dalla nuova carta ai nuovi fornitori, dalla formazione dei camerieri alla correzione di abitudini insane di proprietari e clienti. Gli orari per esempio: non ha senso tenere aperta la cucina fino alle undici, per un cliente o un amico che può venire all’ultimo momento. Le persone che lavorano devono essere rispettate anche nei loro tempi di riposo se si vuole che cucinino con amore e disponibilità. Quindi anche i clienti devono imparare a presentarsi entro l’ora giusta.”

E’ tenera Michela dietro toni e gesti di professionalità che possono intimorire i sottoposti. “Ci tengo alla gerarchia, ci vuole ordine per imparare, allo stesso tempo è la gerarchia che ti permette di fidarti. E’ importante sapere che io so più di te, che a me puoi chiedere e io ti dirò tutto.” Micaela ha creato il suo lavoro selezionando gli elementi che amava e tenendo lontano ciò che sapeva le avrebbe fatto male, il troppo. Cibo e fornelli sì, ma anche tempo di qualità per lei.

“Amo creare ma pure scoprire nuovi prodotti, nuove eccellenze. Amo creare il cibo ma pure le brigate in cucina. Il personale va capito, amalgamato supportato e destrutturato se serve. Escono dalle scuole pieni di idee ma poi non sanno parlare con un cliente. Il cliente va guidato alla scoperta di un nuovo modo di mangiare, più consapevole e rispettoso. Quando non sono dietro i fornelli sono in giro ad assaggiare prodotti, a toccarli, a vedere con i miei occhi dove sono prodotti. Quando sai tutto questo e parli con il cliente al tavolo, lo puoi portare con te, dalle parole al gusto.  E’ questa la vita che voglio. Ogni ristorante in cui faccio consulenza è una nuova avventura, tutto da ricominciare, e io così scopro nuove parti di me.”

Siamo sedute da più di un’ora, la chef saluta tutti ma non esita a far aspettare chi la interpella; la nostra intervista rientra nel tempo di qualità della sua giornata e non c’è urgenza che tenga.

“Quando prendo un nuovo ristorante non racconto mai quello che faccio, vado diretta in cucina e gli faccio assaggiare il menù che credo sarà giusto per loro. Ogni menù ha dentro tutto l’amore che ho ereditato dai miei genitori. E’ questo il mio modo di migliorare ciò che mi hanno insegnato; tengo il piacere e provo a tenere sotto controllo la fatica inutile.”

Senza avere un ristorante, non si può ambire alle stelle Michelin, ma sembra proprio che Micaela ne possa fare a meno, ha altri obiettivi. Lo scorso anno il giorno dopo il terremoto di Amatrice, ha caricato un furgone della Protezione Civile ed è andata a cucinare per loro, senza dirlo a nessuno. La prima sera con il furgone da scaricare si è trovata a cucinare per trecento persone. Mancavano ancora i viveri, una persona si è proposta di andare a fare la spesa in un paese vicino che per fortuna non era stato colpito dal terremoto. MIcaela ha fatto la lista della spesa e l’ha consegnata alla stessa persona che prima di andare le ha confidato che era il compleanno del nipote e che sarebbe stato bello avere la torta. Certo, quanti siete? Ha chiesto lei, che dallo sguardo ha capito che il nonna avrebbe voluto offrire un pezzo di torta ad ognuno dei presenti. E così è stato, e prima ancora di scaricare il camion si è trovata a preparare una pasta all’amatriciana per trecento persone e dieci torte.

“La vita dentro un ristorante mi spegne, passa la curiosità, e finisce la creatività. La vita è fuori, pure quando è difficile. E’ bello e potente sapere che stai facendo la vita ciò che vuoi, che non devi dire grazie a nessuno e puoi scegliere sempre. Io finalmente faccio la vita che voglio e ogni giorno sono più appassionata.”