Qualche mese fa ho pubblicato questo pezzo su La 27esima ora, ma oggi sento il bisogno di ripubblicarlo, visto il tanto parlare che si sta facendo nel web della campagna sbagliata di una nota marca di prodotti, che punta la sua comunicazone estiva sulla disperazione delle donne alla vigilia della prova costume.  Mi piace rispondere con la foto della modella Denise Bidot che ho messo in copertina, e con il pezzo che vi rimetto qua. La perfezione estetica è un miraggio prefabbricato che ci impongono le pubblicità e tutti i giornali di modo, sono d’accordo. Ma la perfezione a tutto tondo è da sempre la motivazione che molte di noi utilizziamo per non buttarci nella mischia in tutti gli ambiti della vita, universitari come lavorativi, e relazionali. Mi piace partecipare al dibattito rilanciando che è la perfezione la gabbia che ci tiene nascoste, e non più la cellulite.

Ieri ho pranzato con un amico, lui insegna economia a Londra. Abbiamo parlato del mio libro Appassionate. Donne Storie Imprese. Un reportage narrativo, in cui racconto il viaggio di una donna che volendo fare della propria passione il suo lavoro, va a incontrare dieci imprenditrici italiane per chiedere loro come siano riuscite a creare la loro impresa.

Secondo lui c’è un problema, manca un posizionamento chiaro tra i generi letterari: cos’è economia o narrativa? Inoltre l’intuizione di Appassionate per lui è riconducibile al pensiero femminista, che ha già detto cose come “Il capitalismo è basato sul modello maschile, introdurre un po’ di femminile farebbe bene a tutti”. Infine non pago, mi ha anche citato libri di economiste che avrei dovuto leggere per migliorare il pensiero, sottolineando che una buona intuizione deve diventare perfetta prima di essere pubblicata. Sono uscita un po’ confusa dal nostro incontro, per fortuna ha offerto il pranzo.

Tornando a casa ho riflettuto, accetto gli stimoli, leggerò alcuni dei libri nominati, invece rifiuto la frustrazione di non essere perfetta.

Non penso che Appassionate sia economia, né solo narrativa, ma è la realtà e come tale bisognerà trovargli un posto. Magari bisognerà inventare un nuovo genere letterario, facciamolo, ma non sono io che devo diventare quello che esiste già per essere riconosciuta. Le donne che portano il loro punto di vista sul mondo lo cambiano e lo modellano, non per andare contro qualcuno o per distruggere realtà preesistenti ma perché loro sono diverse, e come tali creano cose, non migliori ma diverse. C’è tanto tempo per migliorarsi, l’urgenza ora è esistere.

La classificazione della realtà nella quale abitiamo è rigorosamente capitalista, per questo le espressioni al femminile come Appassionate non sembrano trovare posto, non perché siano sbagliate o imprecise. Quanti libri hai venduto? Chi è il tuo editore? Sarebbe meglio farne un programma tv?

La richiesta di essere assimilabili al preesistente è frustrante e non ci aiuta affatto a trovarci, semplicemente facilita il lavoro di chi ci deve comprendere.
Il fatto vero è che per capire la creazione di impresa o di libri che incarnano il punto di vista delle donne bisogna mettere in campo nuovi elementi che non si fondano esclusivamente sui valori finora in vigore. Appassionate non è un saggio di economia, bensì il viaggio di una donna che impara a sostenere se stessa, parlando con dieci imprenditrici. E’ questa l’urgenza culturale di cui ha bisogno il nostro paese, e anche la nostra economica.

Quando le donne italiane impareranno che c’è bisogno del loro punto di vista e che per farlo esistere devono crederci loro prima che gli altri, allora si potrà affinare il tiro, ma prima resta l’urgenza della consapevolezza. Perché per modellare la realtà a nostra immagine, dobbiamo prima arrischiarci a conoscerci. Io ho fatto di questo pensiero la mia missione, raccontare i modi delle donne per arrivare un giorno ad un mondo che è anche come lo pensiamo noi. Ecco perché non ho bisogno di essere perfetta, perché io sono.