Ci sono volute settantadue ore a Silvia e al suo amico Andrea per decidere di rilevare la storica libreria Moderna di Rieti e diventarne i proprietari. Era il 2004, lei una giovane ricercatrice universitaria, precaria ma avviata alla carriera accademica, ma non è stato per questo che si è lanciata nell’impresa.
“Tra archivi e ricerca stavo spesso sola, in silenzio anche tutto il giorno. Invece io amo la gente e le relazioni, per questo ho avuto pochi dubbi quando è arrivata l’occasione della libreria, ho immaginato la mia vita tra libri e persone, non dovevo pensarci, l’ho presa subito.”
Nel 2004 è stato anche l’anno del suo matrimonio con Salvo, musicista con cui aveva creato la sua casa a Roma. “Mi spostavo continuamente tra Rieti e Roma, ed era difficile far crescere il mio matrimonio. Non c’ero mai e mio marito mi mancava molto.”
Intanto per quanto bellissima la libreria stentava a decollare e tutti i guadagni erano sempre reinvestiti nel negozio, c’era troppo disequilibrio tra il piacere e la realtà, così Silvia comincia a pensare ad una nuova soluzione.
“Proprio come in un film una mattina esco da casa dovevo riflettere cercavo un posto fuori dove respirare idee, una libreria sarebbe stata perfetta. Proprio sottocasa noto che si era liberato un locale. sarebbe stato bello se lì ci fosse una libreria.”
Nel quartiere posizionato tra due importanti atenei italiani, ci sono molte librerie universitarie ma mancava la libreria di quartiere, quella dove si va a sfogliare libri e passare il tempo, dove si chiacchiera con la libraia di libri introvabili e bellissimi. Quel giorno non lo disse a nessuno, ma la decisione era presa. “Era la mia occasione finalmente di mettere tutto insieme, di far sbocciare lavoro e vita privata.”
Dopo consigli familiari e riorganizzazione con Andrea per la libreria di Viterbo, la libreria di quartiere poteva nascere.
Silvia ha messo nella libreria il suo divano preferito, i classici della letteratura e un pianoforte per Salvo, che in libreria d’allora dà lezioni di musica (tanti strumenti diversi). Ha messo insieme le sue passioni e ha creato L’Altracittà.
Come aveva immaginato per sé, la libreria è diventata il punto di riferimento del quartiere; le nonne portano i nipoti ad ascoltare le favole il pomeriggio, e gli adulti passano la sera ad assaporare un buon vino mentre frequentano un corso di fotografia, ascoltano un concerto o una presentazione.
I clienti sono tutti amici di Silvia, tanto che non è raro che qualcuno le porti il pranzo, o un dolce quando la vedono stanca. Può succedere pure che qualcuno le porti dei fiori freschi dal vicino mercato, oppure il pane fatto in casa appena sfornato.
“La mia libreria si chiama L’Altracittà, come l’altra città immaginaria dove tutti possiamo essere amici e supporto dell’altro.”
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2 commenti
Ma che bello! Queste librerie non si trovano più, io ne frequentavo una a Bologna (abbastanza di settore, ma cmq il mood era quello) e la adoravo!
Certo che è vero Gilda! Noi Appassionate non mettiamo limiti alle possibilità :-)
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