«Non so se ci sarà mai, ma un mondo al femminile sarebbe auspicabile». Finisce così la mia cena con Chiara Simonelli, psicologa, fondatrice dell’Istituto Italiano di Sessuologia Clinica, alla quale ho proposto di andare insieme all’anteprima romana di Suffragette, il film di Sarah Gavron e sceneggiato da Abi Morgan. «Il sesso è da per tutto, in tutte le cose che facciamo la nostra energia sessuale ci accompagna o ci ostacola. La sessuologia si incontra sul crocevia di mente, corpo e società». Su questa intuizione è nato il suo istituto e successivamente la prima cattedra di sessuologia clinica de La Sapienza del 1994, e che d’allora le è affidata. E’ proprio per questi argomenti che le ho chiesto di vedere insieme il film.

Quanto del potere femminile, della ricerca di libertà delle donne, passa per questo nucleo interiore privatissimo? Quanto di queste grandi battaglie, obbligate dal contesto sociale, è accolto e sviluppato da alcune donne e non da altre, proprio perché alcune più connesse all’energia della vita? “La sessuologia è psicologia, medicina, e antropologia. Anche il nostro essere più profondo è vincolato spesso dal contesto sociale, e se non lo indaghiamo difficilmente nella vita sapremo cosa vogliamo e cosa proviamo veramente. ”

Il film è la narrazione di una vittoria, quella delle suffragette che il 2 luglio 1928 videro approvare la legge che estendeva il suffragio a tutte le donne inglesi, dopo cinquanta anni di lotte. E’ un film bello, eppure non sembravamo avere voglia di festeggiare ieri sera. Chiara mi fa notare come è lo sfruttamento il vero tema di tutto il film. Donne schiavizzate, abusate nella quotidianità, talmente abituate a quelle condizioni da non immaginare di poter vivere in un altro modo. “Lo sfruttamento del corpo, del lavoro, della fatica. E pure dell’amore di queste donne.”

Poi questa mattina ho capito cos’era quella tristezza.

La cosa che mi gira in testa da quando ho fatto colazione è la consapevolezza che le donne sono tra le categorie più perseguitate e sfruttate della storia. Ieri vedendo il film e stata come un’epifania, ho sempre sentito associare Diritti dell’uomo e donne, ma avevo sempre pensato si parlasse di altre donne. Guardate il film e capirete che si parla anche di noi, oggi.

Del movimento delle suffragette durato più di cinquanta anni per rivendicare il diritto di voto, conoscevo pochissimo come pochissimo ne conoscevano la regista e la sceneggiatrice, che proprio per questo hanno deciso di investire molto in questo progetto. Scompaiono, infatti, dalla storia gli eventi che raccontano le donne e le loro centenarie lotte per difendersi. Scompaiono e quelle che vengono dopo, come noi oggi, non si rendono conto di appartenere ancora alla più grande minoranze del mondo. Leggi, abitudini, preconcetti avviluppano la nostra anima da sempre, impedendoci da sempre di fiorire e di cimentarci con la realtà, di imparare dai nostri errori, di provare a dare forma al mondo secondo i nostri più radicali principi.

Chiara, che di battaglie ne ha fatte, e ne continua a fare, mi ha fatto notare il valore educativo del film, non solo nell’ambito della storia al femminile, ma per la testimonianza che porta: per i diritti si deve lottare, perché niente è un diritto fino a che in molti non ne sentano la consapevolezza e ne rivendichino la necessità umana.

“È l’epoca delle donne, di quelle che si cercano da sole, è tempo di rivendicare a noi stesse la nostra consapevolezza. È arrivato il tempo in cui devono essere le donne a dire al mondo chi sono le donne.” Ho detto ieri a Chiara prima di alzarci dal tavolo. Lei ha accolto il mio entusiasmo con l’esperienza di chi sa che non sono mai così chiare, nette e immediate certe trasformazioni, ma che è vero, che è ormai tanto tempo che ci si prepara. “Magari non sarà perfetto nemmeno un mondo in cui governano solo le donne, ma certo sarà migliore un mondo governato da uomini e donne insieme, nati ed educati da donne consapevoli di loro stesse e dei loro valori.”

Ci salutiamo, piove ma aspetto che arrivi il suo taxi. Io torno a piedi, non abito lontano. Cammino in una Roma silenziosa, e mi pare di camminare più dritta, più sicura, come se fossi connessa a tutte le altre che nel mondo stanno andando nella mia stessa direzione.

Articolo pubblicato sul Corriere della Sera – La 27esima ora