“Quando mi sono trasferita a Parigi mi sentivo quasi una rifugiata. Ero scappata dalla realtà italiana di un teatro che è nicchia per pochi, autoreferenziale e contratto.” Dopo aver esordito come protagonista nel film di Capolicchio “Il diario di Matilde Manzoni”, Ludovica Andò giovane attrice italiana ha vissuto e lavorato per tre anni a Parigi, prima di rientrare in Italia.

“A Parigi l’esperienza è stata bella e significativa. In Italia recitare è percepito come il passatempo di chi non sa bene cosa fare, mentre in Francia il lavoro dell’attore è una professione riconosciuta, da scrivere sulla carta d’identità. Come gli altri lavori è regolato da orari e norme, contratti e contributi. Anche le prove rientrano in questo discorso.” Dopo i primi tre mesi parigini Ludovica ha cominciato ad entrare in contatto con le prime compagnie di teatro. “Ho incontrato molti attori da ogni parte del mondo, ognuno cercava la sua possibilità a Parigi. In tutta la Francia il teatro può permettersi di essere sperimentale, semplicemente perché c’è un pubblico. Nel teatro sperimentale tutto partecipa all’espressione dell’emozione, il corpo, il viso, il suono della voce, proprio per questo è per tutti, non c’è bisogno di essere esperti o colti.”

Con l’entusiasmo dell’accoglienza ricevuta fin da subito, per Ludovica imparare la lingua è stata facile, mai imbarazzante. “La motivazione era fortissima, le idee venivano accolte e le persone nuove erano percepite come ricchezza da osservare. Mi sembrava un miraggio.”

Ma il passaggio fondamentale dell’evoluzione professionale di Ludovica è stato quello di creare un’associazione culturale. “Sulla scia dei primi risultati con altre due colleghe italiane abbiamo creato la compagnia Sangue Giusto. Avevamo capito che potevamo rischiare di buttarci concretamente nella creazione teatrale.”

Non più solo attrice in attesa di un copione, ma una donna con la volontà di esprimere un’opinione e creare quello che ancora non esisteva. “Proprio dopo quel momento, forse perché avevamo deciso di giocare sul serio, sono arrivati i primi finanziamenti proprio dall’Italia e meravigliosamente, con il primo spettacolo siamo stati selezionati per il festival di Avignone.”

E ancora dall’Italia che subito dopo arriva la prima proposta di collaborazione con il carcere. “Ero diffidente, sapevo bene come era visto il teatro, elitario e distante dalla realtà e temevo che dentro il carcere sarebbe stato pure peggio, ancora più triste. Invece ecco la magia avverarsi. Il teatro è stato vissuto come momento di libertà dai “ristretti”, (così vengono chiamati in gergo i detenuti). E per quella libertà hanno osato tutto. Hanno giocato con noi superando reticenze, rifiutando ruoli e maschere, che in carcere spesso sono necessari per sopravvivere. Vedevo quei detenuti liberi e ho capito che quello era il teatro che cercavo da sempre.”

Quell’esperienza è stata la prima di una lunga serie, che ha fatto decidere Ludovica a tornare in Italia. Adesso l’associazione culturale Sangue Giusto si occupa di proporre e gestire classi di teatro all’interno del carcere di Civitavecchia. “E’sempre molto, molto emozionante, seppur difficile. Lavoriamo con uomini e donne veri, limitati al massimo nella loro possibilità di movimento, repressi nei loro affetti, che nelle due ore settimanali di teatro ritrovano lentamente la possibilità di vivere. E’ un lavoro lento, per alcuni la prima possibilità di conoscersi.”

La gestione di un’associazione culturale è comunque impegnativa e non sempre retributiva. “Non è facile, spesso anticipiamo i soldi per tutto e siamo rimborsati anche due anni dopo e per noi che siamo in tre non è per niente facile.” La politica culturale dell’Italia seppur alimentata da professionalità così preparate e generose deve fare ancora dei passi avanti. “I progetti al carcere, penso che siano le cose più giuste e importanti che ho fatto nella mia vita, e malgrado le difficoltà continuerò, perchè non ha senso lavora se non è per una ragione umanamente urgente e importante.”

Articolo pubblicato anche sul Corriere della sera – la nuvola del Lavoro